Salvatore Bartolotta
Notizie dal mondo della chirurgia e delle patologie urologicheRAI TGR – Sicilia – Edizione del 10 Febbraio 2024 delle 19,30
Rimozione del carcinoma prostatico con metodo Da Vinci al’Ospedale San Marco di Catania (dal minuto 11:50)
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“Buongiorno Sicilia” – Intervista al Dott. Salvatore Bartolotta
12 febbraio 2024 – Il Dott. Salvatore Bartolotta – Direttore UOC di Urologia P.O. San Marco Catania – annuncia presso il proprio presidio ospedaliero l’arrivo di un secondo sistema robotico da Vinci, la piattaforma più avanzata per la chirurgia mininvasiva.
Al San Marco di Catania in “servizio” il Da Vinci: il chirurgo manovra (anche a distanza) e il robot opera
Il nuovo apparecchio è in funzione da una settimana e diversi pazienti affetti da carcinoma alla prostata sono stati operati con successo.
Incrementare il numero di interventi di chirurgia robotica allo scopo di ottenere molti vantaggi: accrescere la qualità delle prestazioni sanitarie offerte soprattutto per i pazienti oncologici, potenziare la sicurezza dei pazienti beneficiando della riduzione dei rischi che tale intervento mininvasivo consente oltre che accorciare notevolmente i tempi della chirurgia al fine di gestire al meglio la domanda dell’utenza.
Questo l’obiettivo che l’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Rodolico – San Marco intende raggiungere con l’acquisizione del secondo robot Da Vinci installato nel blocco operatorio dell’ospedale San Marco, che di fatto consentirà di raddoppiare la quantità di prestazioni già offerte con il robot gemello presente al Policlinico.
Il nuovo apparecchio, nell’ultima e più evoluta versione del modello XI, è in funzione da una settimana e già sono diversi i pazienti affetti da carcinoma alla prostata operati con successo di prostatectomia radicale dal direttore dell’unità operativa complessa di Urologia del San Marco, Salvatore Bartolotta.
Per la prima volta un paziente operato con la chirurgia robotica non ha dovuto spostarsi da un presidio all’altro, potendo essere seguito nell’unità prescelta, secondo il principio di umanizzazione delle cure che è alla base dell’assistenza sanitaria sempre più orientata ad assicurare il benessere della persona, incluso il suo aspetto sociale e psicologico.
Ogni intervento è stato eseguito in tempi brevissimi durante i quali la grande abilità ed esperienza del direttore Bartolotta e dell’équipe che lo ha assistito (il responsabile del Blocco Operatorio e anestesista Prospero Calabrese, gli urologi e il personale infermieristico) si sono giovate dei movimenti dei bracci del robot indubbiamente più rapidi e precisi rispetto a quelli manuali in un intervento tradizionale. Il chirurgo, pur essendo fisicamente più distante dal campo operatorio, ha goduto di una postazione di comando più confortevole, seduto davanti alla consolle che gli ha fornito, oltre ai joystick per le mani, immagini del campo operatorio ingrandite, proiettate in 3D, ferme e ad altissima risoluzione.
Inoltre, gli strumenti endoscopici collegati ai bracci sono stati introdotti attraverso piccoli fori praticati ad inizio intervento come nelle comuni laparoscopie. La mininvasività delle incisioni di piccolissime dimensioni comporta il drastico ridimensionamento dei traumi dei tessuti, minore sanguinamento e minore necessità di trasfusioni, riduzione della degenza e del dolore post-operatorio, riduzione dei tempi di recupero con una veloce ripresa delle attività quotidiane.
“Oggi abbiamo dimesso un paziente operato due giorni fa –sottolinea il direttore Bartolotta-. Un fatto possibile con questo tipo di chirurgia, una sorta di laparoscopia robot-assistita in cui gli effetti collaterali dell’intervento sono molto limitati –spiega-. Ecco perché questo strumento è così importante, soprattutto nei pazienti oncologici”.
Alle operazioni robotiche di urologia si affiancheranno presto quelle di chirurgia generale e ginecologia. Gli operatori sanitari stanno già svolgendo il periodo di formazione e training previsto prima di accedere a questo tipo di attività allo scopo di affinare le tecniche e svolgere il lavoro al meglio, utilizzando ogni specifica funzione del robot per ottenere il massimo risultato da ogni singola performance.
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Medicina, al “San Marco” in servizio l’aiuto chirurgo robotico “Da Vinci”
Il nuovo apparecchio è in funzione da una settimana e già sono diversi i pazienti affetti da carcinoma alla prostata operati con successo di prostatectomia radicale dal direttore dell’unità operativa complessa di Urologia del San Marco, Salvatore Bartolotta.
È stato installato nel blocco operatorio dell’ospedale San Marco, il secondo robot Da Vinci che consentirà di raddoppiare la quantità di prestazioni già offerte con il robot gemello presente al Policlinico. Con i due robot l’azienda ospedaliero universitaria policlinico “G. Rodolico – San Marco” conta di incrementare il numero di interventi di chirurgia robotica e accrescere la qualità delle prestazioni sanitarie, soprattutto per i pazienti oncologici e accorciare notevolmente i tempi della chirurgia al fine di gestire al meglio la domanda dell’utenza.
Il nuovo apparecchio, nell’ultima e più evoluta versione del modello XI, è in funzione da una settimana e già sono diversi i pazienti affetti da carcinoma alla prostata operati con successo di prostatectomia radicale dal direttore dell’unità operativa complessa di Urologia del San Marco, Salvatore Bartolotta.
Per la prima volta un paziente operato con la chirurgia robotica non ha dovuto spostarsi da un presidio all’altro, potendo essere seguito nell’unità prescelta, secondo il principio di umanizzazione delle cure che è alla base dell’assistenza sanitaria sempre più orientata ad assicurare il benessere della persona, incluso il suo aspetto sociale e psicologico.
Ogni intervento è stato eseguito in tempi brevissimi durante i quali la grande abilità ed esperienza del direttore Bartolotta e dell’équipe che lo ha assistito (il responsabile del Blocco Operatorio e anestesista Prospero Calabrese, gli urologi e il personale infermieristico) si sono giovate dei movimenti dei bracci del robot indubbiamente più rapidi e precisi rispetto a quelli manuali in un intervento tradizionale. Il chirurgo, pur essendo fisicamente più distante dal campo operatorio, ha goduto di una postazione di comando più confortevole, seduto davanti alla consolle che gli ha fornito, oltre ai joystick per le mani, immagini del campo operatorio ingrandite, proiettate in 3D, ferme e ad altissima risoluzione.
Inoltre, gli strumenti endoscopici collegati ai bracci sono stati introdotti attraverso piccoli fori praticati ad inizio intervento come nelle comuni laparoscopie. La mininvasività delle incisioni di piccolissime dimensioni comporta il drastico ridimensionamento dei traumi dei tessuti, minore sanguinamento e minore necessità di trasfusioni, riduzione della degenza e del dolore post-operatorio, riduzione dei tempi di recupero con una veloce ripresa delle attività quotidiane.
Alle operazioni robotiche di urologia si affiancheranno presto quelle di chirurgia generale e ginecologia. Gli operatori sanitari stanno già svolgendo il periodo di formazione e training previsto prima di accedere a questo tipo di attività allo scopo di affinare le tecniche e svolgere il lavoro al meglio, utilizzando ogni specifica funzione del robot per ottenere il massimo risultato da ogni singola performance.
Via CATANIA TODAY
Il management multidisciplinare del tumore della prostata, la “Prostate Unit”.
Prostata: un tumore sempre più diffuso ma che oggi fa meno paura.
IL DOTTOR SALVATORE BARTOLOTTA ALLA CONSOLE DEL ROBOT DA VINCI
I casi di cancro prostatico sono raddoppiati, pochi i sintomi specifici e ben definiti. Ecco perché fare diagnosi precoce è difficile.
Un approccio multidisciplinare nella cura dei tumori della prostata si rivela necessario sin dall’inizio per fornire un trattamento adeguato ed offrire migliori prospettive di vita.
Sull’esempio delle ‘breast unit’, per la cura del cancro al seno, sono quindi nate le ‘Prostate unit’, che offrono senza alcun dubbio una diagnosi molto più raffinata che consenta anche di distinguere le diverse forme di tumore, la loro gravità e la soluzione terapeutica più idonea.
La gestione multidisciplinare del tumore alla prostata è fondamentale per curare al meglio il paziente affetto da tale patologia. L’anatomopatologo, il radiologo, il radioterapista, l’urologo e l’oncologo sono gli specialisti coinvolti nella corretta diagnosi e più idonea cura dell’adenocarcinoma prostatico, il fisiatra e lo psicologo sono di grande ausilio nel supportare il paziente nel follow up.
DEFINIZIONE DEL PROBLEMA
Il carcinoma prostatico è divenuto, nell’ultimo decennio, il tumore più frequente nella popolazione maschile dei Paesi occidentali. Alla base di questo fenomeno, più che la presenza di fattori di rischio, c’è la maggiore probabilità di diagnosticare tale malattia, che è presente in forma latente nel 15-30% dei soggetti oltre i 50 anni e in circa il 70% degli ottantenni. La diffusione del dosaggio
dell’antigene prostatico specifico (PSA) nell’ultimo decennio ha profondamente modificato l’epidemiologia di questo tumore, anche in senso qualitativo.
La popolazione affetta da adenocarcinoma prostatico risulta essere profondamente eterogenea essendo composta da pazienti sensibili a diversi trattamenti terapeutici, quali la terapia medica, chirurgica e radioterapica, così come è prevedibile una vigile attesa.
Le opzioni terapeutiche non vanno intese come trattamenti singoli che non possano essere integrati tra loro, bensì una giusta e corretta valutazione multidisciplinare consente un trattamento multimodale che garantisce una migliore risposta terapeutica in termini di risultati sia a breve che a lungo termine, inoltre aumenta con differenza statisticamente significativa la sopravvivenza libera da malattia.
È supportata da evidenza scientifica, oltre che etica e morale, la necessità di una gestione multi disciplinare dei pazienti affetti da tale patologia, la letteratura scientifica urologica riporta dati riguardanti la miglior gestione della patologia così come di risultati migliori nella gestione dei pazienti nelle Prostate Unit, sorte in diversi centri sanitari in ogni parte del mondo.
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Prostata ingrossata, oggi si guarisce con Greenlight
Coinvolti otto italiani over 50 su dieci
Greenlight, la nuova metodica negli interventi per via endoscopica.
È la malattia urologica più diffusa negli uomini, destinata ad aumentare sempre di più per via dell’invecchiamento della popolazione. In Italia, non a caso, si pone ai primi posti per diagnosi effettuate ogni anno, seconda all’ipertensione arteriosa.
“L’ipertrofia prostatica benigna (Ipb) – commenta Salvatore Bartolotta, direttore dell’unità di Urologia della Clinica GretterLucina di Catania – causata dall’ingrossamento della prostata incide pesantemente sulla qualità di vita, con sintomi che vanno dalla difficoltà a urinare all’insopprimibile urgenza di farlo, anche di notte, così da disturbare pesantemente il sonno di chi ne è vittima. Inoltre, nei casi più gravi, causa una ritenzione urinaria che richiede l’urgente ricorso al catetere per lo svuotamento della vescica. Infine, può determinare anche disfunzioni sessuali, impotenza e problemi di eiaculazione“.
Quando la prostata si ingrossa, ostacolando e ostruendo il passaggio dell’urina e la terapia farmacologica non è più sufficiente è necessario togliere il tessuto in eccesso.
“La nuova metodica Greenlight, messa a punto negli Stati Uniti – spiega il dottor Bartolotta – sfrutta l’azione di un potente laser al tribolato di litio che vaporizza con precisione millimetrica solo l’eccesso di tessuto prostatico, trasformandolo in bollicine di vapore. L’intervento mininvasivo si effettua per via endoscopica in anestesia spinale e in one day surgery. La fibra laser, introdotta dal pene nell’uretra attraverso un sottile cistoscopio”.
La maggior parte dei pazienti torna a casa dopo una notte di ricovero e riprende le normali attività nel giro di una settimana, con evidente risparmio di posti letto e quindi di costi per il servizio sanitario, riducendo anche i tempi sulle liste d’attesa. Il laser verde non provoca sanguinamento o emorragie in quanto determina una coagulazione immediata dei tessuti, non causa incontinenza urinaria, impotenza ed evita le recidive.
Tra gli altri vantaggi di Greenlight figurano il minimo disagio dopo l’intervento, grazie anche all’assenza di sintomatologia dolorosa, l’immediata risoluzione dei sintomi, la ripresa immediata della minzione, il ricorso al catetere per meno di 12 ore, contro le 72 della resezione endoscopica Turp, la degenza di una notte e una rapida ripresa.
La Turp provoca piccoli sanguinamenti e, in casi più gravi, emorragie, per questo è sconsigliato a pazienti ad alto rischio, come quelli con malattie cardiovascolari, della coagulazione e i portatori di stent endocoronarici. Per questi pazienti, nel caso si opti per il Greenlight, non occorre sospendere la terapia anticoaugulante o antiaggregante.
Il laser verde è anche indicato nei pazienti portatori di pacemaker, perché evita il ricorso all’elettrobisturi, generatore di quelle onde elettriche che possono interferire con la stimolazione elettrica dei pacemaker cardiaci. Come se non bastasse, Greenlight tutela la potenza sessuale. Nessun paziente sessualmente attivo ha sviluppato impotenza dopo l’intervento. Il laser non causa danni ai nervi dell’erezione, che si trovano a ridosso della prostata.
Il laser verde, impiegato con successo in più di 500mila pazienti nel mondo, in Italia è disponibile in 15 centri ospedalieri, con una casistica complessiva di oltre mille interventi. “La GretterLucina di Catania, che oggi si arricchisce del Greenlight laser – afferma Salvatore Bartolotta – è la prima struttura tra le cliniche private dell’isola e l’ottava nella classifica di tutte le strutture sanitarie della Sicilia come numero di interventi chirurgici per la cura delle neoplasie dell’apparato urinario, con pazienti provenienti da ogni provincia dell’Isola”.
Via OGGISALUTE.IT
SALVATORE BARTOLOTTA
Direttore UOG di Urologia
P.O. San Marco Catania Viale Carlo Azeglio Ciampi, Catania
Direttore UOG di Urologia
P.O. San Marco Catania Viale Carlo Azeglio Ciampi, Catania